Omero Valenti

(Piero Delbello)

OMERO VALENTI
Trieste 1906 - Udine 2001


E' la caricatura di un Cesare Barison direttore d'orchestra dal volto pingue, sproporzionatamente grande, montato su di un corpo irrimediabilmente stretto dentro il nero del frac, uno dei primi esempi del segno grafico di Omero Valenti. Sono da finire gli anni '10 del Novecento, si respira ancora l'aria guasconesca del primo Circolo Artistico Triestino che, dopo le "sabatine", le feste orientali, i travestimenti degli artisti, si avvia a nuova vita con altre feste e prese in giro (come quella "rustica"), e il giovanissimo Valenti ? era nato nel 1910 a Trieste ? già riusciva a proporsi nella complessa e numerosa schiera dei disegnatori giuliani. L'ovale della 0 schiacciata, con all'intemo la V, era il marchio di fabbrica di un ragazzo che sarebbe diventato uno dei più prolifici e gettonati disegnatori delle nostre terre in quel lungo lasso di tempo che va dagli anni '30 a tutti gli anni '70. Ma la concorrenza era grande: Pollione Sigon, Lauro Lach (Laghi), Marcello Claris e poi Quaiat (Quaiatti), Laurenti, per dire solo di alcuni (e non i più noti).

Per me, di altra generazione, accostato al mondo della grafica pubblicitaria, o meglio: alla sua storia in campo locale, parlare ad Omero Valenti dopo oltre 70 anni da quei suoi primi disegni non poteva che essere pura emozione. Un sentimento che trovava la sua gioia in un tratto quasi acerbo, come è quello di chi non è pronto a discorrere con la storia. Valenti era un sopravvissuto con la voce rauca dei vecchi e il tremore nelle parole di chi sente porre domande che non appartengono alla sua produzione e mi offriva stupore nello sforzo che faceva per trarre dalla memoria quelle immagini che aveva creato e che non sempre riusciva a ricordare nonostante le mie sollecitazioni. Le pubblicità per l'Arrigoni, il Matro Remo (giomalino inventato da Granbassi), le ipotesi di fumetti animati erano tanto lontane. A volte troppo.
Visse, e di ciò ho goduto, una piccola felicità quando nel catalogo della mostra "SOGNI DI SEGNI AL MURO", che nel 1998 portò a Milano e, di seguito, a Muggia alcuni dei nostri migliori artisti e delle loro più riuscite pubblicità, inserii alcune sue ottime prove e scrissi una sua brevissima biografia in margine allo stesso. Mi ringraziò in un modo così tenero quale solo un vecchio può fare, quando il presente gli dà prova che ci ricorda ancora di lui. Ma le mascherine veneziane che aveva disegnato per il quindicinale FEMMINA di Ada Sestan nel 1924 appartenevano davvero ad un sogno lontano.

Indietro