100 ANNI Circolo Marina Mercantile Nazario Sauro e Società Nautica Pullino

Inaugurazione mostra lunedì 6 ottobre alle ore 17.30

Ingresso libero

 

Il primo secolo del Circolo Marina Mercantile Nazario Sauro

Nel primo dopoguerra Trieste deve fare i conti con l'inserimento nella nuova dimensione italiana. Il venir meno dell'Impero Austro-ungarico, che aveva fatto di Trieste "Città immediata dell'Impero" e del suo porto il principale sbocco a mare, la sopravvenienza della burocrazia italiana, la crisi mondiale dei traffici marittimi, l'affermarsi violento della rivoluzione fascista vedono protagonisti personaggi che caratterizzano anche la nascita del Circolo dei Capitani Marittimi, che cambierà più volte nome adeguandosi alle mutate realtà sociali. Tra questi personaggi il vate Gabriele D'Annunzio e il fondatore del movimento futurista on. Filippo Tommaso Marinetti, il senatore Giovanni Banelli e il ministro Galeazzo Ciano, le forze di occupazione germaniche, jugoslave, alleate; il ministro Fernando Tambroni, il sindaco Mario Franzil e il vescovo Antonio Santin; campioni e campionesse sportive di pattinaggio artistico, scherma e pallacanestro, canottaggio, tennis e tennis da tavolo, calcio, il team di bridge vincitore della Coppa Italia 1957 ed oggi i giovani della canoa di livello mondiale.

Il Gran Ballo del Mare fino agli anni Settanta è stato uno degli eventi mondani cittadini più importanti; ed anche i Balli dei giovani nella sede estiva superavano le cinquecento presenze.

Tra i soci: originariamente solo capitani marittimi mercantili, poi uomini della marineria ed oggi aperto a tutti, sono da ricordare il primo presidente Pietro Fragiacomo, utilizzato come modello dall'arch. Mayer per il Marinaio Ignoto del Faro della Vittoria; Ercole Miani, contestato nel neo-eletto Consiglio Direttivo dal presidente nazionale della Federazione Marinara Fascista; i 280 uomini dell'equipaggio del Conte Rosso, affondato da un siluro inglese; le M.O.V.M. Antonio Zotti e Armando Crisciani, Erminio Bassa e Antonio Zavadil, morti negli scontri del novembre 1953 per l'italianità di Trieste.

Sostenuto dalla Federazione degli armatori dell'Adriatico orientale e dai suoi massimi esponenti: tra gli altri Oscar e Guido Cosulich, Giulio Uccelli, Matteo Giugia sino agli anni Sessanta, il Circolo subì la crisi della cantieristica e della marineria del secondo dopoguerra e fu costretto a lasciare prima la storica sede di via Rossini e poi quella di via Roma, per stabilirsi definitivamente nella struttura di Barcola.

La vita associativa è stata caratterizzata nel tempo anche da conferenze e concerti, rappresentazioni teatrali e mostre artistiche, corsi di lingue e di avviamento agli sport, gite, crociere e campeggi estivi. In particolare in passato, quando gli spazi di Palazzo Reinelt prima e di via Roma poi hanno fatto del Circolo fino al 1992 un naturale punto di riferimento per la società triestina.

Nel 1970 il Circolo ha avuto la personalità giuridica per i suoi meriti di Ente Morale.

Nel 1976 il CONI ha assegnato al Circolo la Stella d'Oro al Merito sportivo.

Nel 2003 il Circolo si è trasformato in Associazione Sportiva Dilettantistica.

 

La “S. Nautica Pullino” nasce cento anni fa, figlia della volontà e dell’orgoglio dei cittadini di Isola, con il desiderio di mettersi alla pari delle altre più importanti città consorelle dell’Istria, forte dell’importanza assunta dalla città con il suo, ormai consolidato, sviluppo industriale. Porta con se anche nobili intenti patriottici, ma non figli del regime: prende il nome dal sommergibile di Nazario Sauro e pone nella sua bandiera sociale la colomba bianca che porta un ramoscello d’ulivo in bocca, simbolo del Comune e antico stemma di quello medievale. Inizia subito l’attività, trova a prestito qualche vecchia imbarcazione e raccoglie attorno a se un nutrito numero di giovani volonterosi, principalmente agricoltori, che si dedicano alla voga alla sera, dopo una giornata di lavoro in campagna. I mezzi economici sono scarsi, si vive alla giornata, ma i risultati sportivi sono promettenti; sin dalle prime regate i giovani isolani si fanno valere e già nel 1927 vincono il loro primo Titolo Nazionale e l’anno successivo conquistano il diritto di rappresentare l’Italia alle Olimpiadi, che vincono alla grande. Ma non basta, negli anni seguenti portano in Italia quattro Titoli Europei e conquistano innumerevoli Titoli di Campioni Italiani. La cittadinanza tutta vive intensamente i risultati dei suoi atleti, è partecipe dell’attività sociale che aiuta come può. La “Pullino” e Isola diventano sinonimi, non si nomina “Pullino” senza nominare Isola e viceversa, ed assieme varcano i confini regionali e nazionali, vengono conosciute in tutto il mondo. Purtroppo, a partire dalla metà degli anni ’30, a causa del susseguirsi delle guerre e degli eventi conseguenti, per questo ciclo felice inizia il declino che si conclude con la fine della Seconda guerra mondiale e con l’occupazione jugoslava, il primo maggio 1945. L’esodo incombe, gli Isolani lasciano la loro città che si svuota quasi completamente, e la “Pullino” il 10 agosto 1955 chiude definitivamente il suo libro-giornale delle uscite a mare. I suoi dirigenti, gli atleti, i soci, come il resto dei concittadini sono sparsi un po’ ovunque, nei campi profughi: a Trieste, in Italia e all’estero. Nonostante la drammaticità e la durezza dei tempi, i vecchi dirigenti non sanno rassegnarsi alla scomparsa della Società e così, dopo qualche anno di forzata inattività, nel 1960 la “Pullino” viene ricostituita. Finalmente, sette anni dopo, grazie ad una felice intuizione di Emilio Felluga, giovane segretario sociale, la “Pullino” riesce ad ottenere una propria sede autonoma, a Muggia, nell’ambito del “Centro Giovanile Italiano”, in un vecchio deposito attrezzi non più utilizzato, che con grande fatica e tanto ingegno i soci trasformano in canottiera. Dalla fine degli anni ’80 in poi inizia un periodo di grande crescita agonistica, con un continuo susseguirsi di importanti risultati sportivi che porta la “Società Nautica” a toccare i vertici del canottaggio regionale ed a porsi in posizione abbastanza elevata a livello nazionale, in particolare per l’attività giovanile. Vince qualche decina di titoli di Campione Italiano, alcuni di Campione Europeo e tante vittorie e piazzamenti d’onore in manifestazioni internazionali. La “Pullino” risorta non è più un piccolo sodalizio sportivo di provincia, ma un’importante realtà sportiva nazionale, conosciuta e rispettata per i suoi meriti, anche dalla Federazione Nazionale Canottaggio

CASANOVA IN VIAGGIO. Porti e approdi dall'Adriatico al Levante: Trieste, l'Istria, Fiume e la Dalmazia

Venerdì 30 maggio alle ore 17.30 INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA

presso l'IRCI/Museo Istriano di via Torino, 8 a Trieste

Ingresso libero 

Casanova in viaggio è la mostra più importante organizzata in Italia per il terzo centenario della nascita di Giacomo Casanova (1725-2025), con molti materiali e documenti originali mai visti prima. Racconta la vita dell’avventuriero veneziano, divenuto un’icona nell’arte, nel cinema e nella pubblicità, con due focus principali. Il primo è quello del giovane Casanova, viaggiatore per mare lungo l’Adriatico sino al Levante; il secondo è quello di Casanova trasformato in mito, soprattutto a partire dal Novecento, come soggetto da teatro, della letteratura e del cinema, del marketing e brand di successo nel mondo per rappresentare la fantasia e il genio italiano, oltre che l’immagine del seduttore.

In mostra si possono ammirare settecentesche incisioni e stampe che rappresentano i luoghi toccati e visitati da Casanova nei suoi viaggi lungo l’Adriatico, le coste istriane e quelle dalmate, sino al Pireo, a Salonicco e Costantinopoli. Non mancano oggetti originali, come alcuni vetri lagunari del ‘700, un mantello damascato dell’epoca, o, ancora, documenti dell’Istria e dei suoi uomini illustri del tempo del veneziano, per cui emergono figure come quella di Gian Rinaldo Carli, con autografi originali, quali le “Lettere americane”, a fare collage con altrettanti documenti di e su Giacomo Casanova.

Ma, in altra dimensione, si ammirano manifesti e locandine di cinema dal Casanova di Fellini ad Alain Delon interprete di Casanova, così come viene creato un angolo con carte da gioco, tarocchi e giochi vari o, ancora, fumetti col seduttore veneziano come protagonista o ispiratore. E, non ultimo, réclame d’epoca che incarnano e utilizzano la figura del nostro. Questo, e molto altro, nell’intento di offrire al pubblico una dimensione senza tempo di un’immagine da una parte storica e dall’altra “pop” di Casanova, accompagnata con anche scorci coreografici che tengono conto di uno dei simboli per eccellenza di Venezia e cioè il Carnevale, rappresentato in particolare dai rari pochoire delle maschere ideate da Umberto Brunelleschi a Parigi nel 1914.

La mostra tiene conto anche della continuità d’utilizzo ancora nell’attualità del nome di Casanova da parte di svariate aziende per prodotti molto diversi fra loro: dal vino ai profumi, dalle scarpe al caffè, dalla maschera Casanova allo spocchiello da bavero che porta il nome del veneziano, sino agli aceti balsamici e alle creme. Tutto nel nome di Giacomo Casanova.

Il sottotitolo della mostra, Porti e approdi dall'Adriatico al Levante: Trieste, l'Istria, Fiume e la Dalmazia, racconta come la figura di Casanova attraverso i suoi viaggi e il suo mito sia riuscito ad unire le due sponde dell’Adriatico, fino alle coste delle Marche, della Puglia, e dell’intero Mediterraneo, grazie alle curiosità e alle sensazioni che il suo stesso nome suscita nel pubblico d’oggi. La mostra, organizzata dall’I.R.C.I. Istituto Regionale della Cultura Istriana, Fiumana e Dalmata di Trieste, con l’Università Ca’ Foscari, la Regione del Veneto e numerosi partner pubblici e privati, è accompagnata da un ricco catalogo in italiano e inglese edito da Libreria Antiquaria Drogheria 28. La curatela della mostra è affidata ai componenti del Comitato nazionale istituito dal Ministero della Cultura nel corso del 2025 come definitivo riconoscimento delle opere di Giacomo Casanova e della sua rilevanza nella cultura italiana ed europea.

31 maggio - 30 settembre 2025

tutti i giorni 10.30-12.30/16.30-19.00

 

 

Friday 30 May at 17.30 OPENING OF THE EXHIBITION

at the IRCI/Museo Istriano in via Torino, 8 in Trieste

Free entry 

Casanova in tour is the most important exhibition in Italy marking the 300th anniversary of the birth of Giacomo Casanova (1725-2025), showeasing a wealth original materials and documents never seen before. It tells the story of the Venetian adventurer, who became an icon in art, cinema and advertising, with two main focuses: the first explores the young Casanova, sea traveler along the Adriatic to the Levant; the second look at Casanova as a myth, particularly from the 20th century onwards, as a subject in theatre, literature and film, and a successful international brand symbolizing Italian imagination and flair - as well as the archetype of the seducer.
The exhibition feature 18th century engravings and prints depicting the places Casanova visited during his travels along the Adriatic coast, through Istria and Dalmatia, as far as Piraeus, Thessaloniki and Constantinople. Visitors can also see original artefacts, such as Venetian glass from the 1700s, a damask cloak from the period, and documents from Istria and its prominent figures during the time of the Venetian rule, among them Gian Rinaldo Carli, represented with original autographs, including the "American letters", placed alongside other documents by and about Giacomo Casanova.
Another section of the exhibition showcases film posters and cinema memorabilia, from Fellini’s Casanova to Alain Delon’s portrayal of the character. There is also a themed area featuring playing cards, tarot decks, various games, and comic strips where the Venetian seducer takes centre stage or serves as inspiration. Historical advertisements show how Casanova’s image was adopted for marketing purposes. All this and more, come together to offer visitors a timeless journey through Casanova’s identity – both historical and "pop" - complete with theatrical staging and visual references to one of Venice’s most iconic symbols: Carnival, represented here by rare pochoire prints of masks designed by Umberto Brunelleschi in Paris in 1914.
The exhibition also highlights the on-going contemporary use of the name ‘Casanova’ by a wide range of brands and products - from wine to perfumes, shoes to coffee, mask to lapel pins bearing his name, as well as balsamic vinegars and cosmetics - all under the banner of Giacomo Casanova.
The exhibition’s subtitle, Ports and landings from the Adriatic to the Levant: Trieste, Istria, Rijeka and Dalmatia, tells the story of how Casanova through his travels and the myth surrounding him, managed to link both shores of the Adriatic – from the coasts Istria to those of Marche, Puglia, and the wider Mediterranean – through the fascination and intrigue his name still evokes today. The exhibition is organized by the I.R.C.I. Istituto Regionale della Cultura Istriana, Fiumana e Dalmata in Trieste, in partnership with Ca' Foscari University, the Veneto Region and various public and private institutions. It is accompanied by a richly illustrated catalogue in Italian and English published by Libreria Antiquaria Drogheria 28. The curators are members of the National Committee established by the Ministry of Culture in 2025 to officially recognize the works of Giacomo Casanova and his cultural significances in both Italy and Europe.

31th May - 30th September 2025

every day 10.30-12.30/16.30-19.00

1954. Trieste è italiana. La zona B è perduta

Inaugurata venerdì 25 ottobre 2024 alle ore 17.30 presso l'IRCI/Civico Museo della civiltà istriana, fiumana, dalmata di via Torino, 8.

1954, 26 di ottobre, ci siamo arrivati. Ma come?

È la lenta agonia della Venezia Giulia, malato terminale che si aggrappa alla vita e nutre sempre speranze. Troppo spesso disilluse. In quel fatidico giorno, il 26 ottobre 1954, la folla immensa dei giuliani (triestini, sì, ma quanti esuli istriani fra loro!), dopo una notte in strada sferzati tutti dalla bora e dalla pioggia che dire battente è aggettivo assai dolce, accoglie l’arrivo delle nostre truppe nella città sacra d’Italia, Trieste, finalmente ricongiunta alla madre patria.

Dopo l’8 settembre 1943 il terrore si era diffuso nella Venezia Giulia, la tragedia aveva preso il sopravvento in Istria quando nel caos dell’ordine costituito italiano erano entrati i partigiani del maresciallo Tito con violenze e stragi. L’Istria allora conobbe le foibe. Occupata, subito dopo, dai tedeschi, divenne terra di scontro e di altra morte fino al 1945. E la fine della guerra, non certo il 25 aprile come nel resto d’Italia, non giunse. Anche Trieste e Gorizia, non solo l’Istria, seppero cosa significava occupazione jugoslava: quarantadue giorni di deportazioni e morte. Solo il 12 giugno si sarebbe potuto respirare una presunta aria di libertà, quando gli Alleati fecero sloggiare i titini. Presunta, perché per Trieste sarebbero iniziati nove lunghi anni di governo militare straniero, inglese e americano e per l’Istria, nel frattempo, il tempo infinito di un dopoguerra che non voleva dire pace. Ancora morti, ancora deportazioni, ancora scomparsi, ancora una folla di cui “non si sarebbe avuto più alcuna notizia”.

Il 10 febbraio 1947 il trattato di pace, estremamente impositivo per l’Italia sconfitta, volle dire che anche Pola era perduta. C’era già stata la strage di Vergarolla a sconvolgere gli animi di chi sarebbe voluto restare, perché Pola era italiana, tutta italiana. Se ne andarono in massa, una massa di 30 mila, lasciando solo lo scheletro di una città, la più grande dell’Istria, deserta, nel silenzio del nulla. Era l’esodo simbolo, non sicuramente l’inizio dell’andarsene, ma che quello che più avrebbe colpito, per la massa … dei numeri.

Tutto era perduto. Si creava uno pseudo Territorio Libero di Trieste diviso in due zone: il capoluogo giuliano, con un minimo lembo della provincia che era stata, diventava “zona A”, sotto amministrazione militare anglo-americana, mentre Isola, Capodistria, Pirano e poco altro (ma quanto importante! E quanto italiano!) erano la “zona B”, con un’amministrazione fiduciaria jugoslava. Quando venne il momento delle decisioni, quelle che avrebbero portato Trieste all’Italia e, di fatto, la zona B alla Jugoslavia, si scrisse sui muri “NO ALL’INFAME BARATTO”. Ma eravamo ormai alla fine del 1954 e la guerra era finita (sarebbe dovuta finire) da più di nove anni. Il mondo era cambiato, Tito aveva fatto le sue astute capriole fra rottura con l’Unione Sovietica e ammiccamento, per comodo, all’America. Gli era andata bene. Molto meno alle genti giuliane, sradicate, cancellate socialmente e psicologicamente, sventagliate in cento venti località in tutta Italia, ben “ospitate” in altrettanti campi profughi.

Trieste, a suo modo, continuava a combattere, con il culmine dei morti del novembre 1953. Ancora non bastava.

Il sole d’Italia sarebbe giunto solo il 26 ottobre del 1954, in una giornata in cui la pioggia era un diluvio. Ma era il giorno del giudizio. Un terribile giudizio che portava, contestualmente, altri lembi di terra di quella strana e fantomatica zona A lontano dall’Italia. Il confine si spostava ancora, sempre a nostro sfavore. Dai monti sopra Muggia scendevano verso la città, con i fazzoletti tricolore al collo, i profughi di Faiti, di Bosici, di Santa Brigida, di Crevatini. Qualcuno di questi si era stanziato in zona da poco, esule dall’Istria. Un altro esodo, due volte esuli. Era la notte fra il 25 e il 26 ottobre, Trieste stava per ritornare italiana, ma la zona B era perduta. Scrisse allora Pier Antonio Quarantotti Gambini: “Da un lato commozione: commozione per l’arrivo imminente dei nostri soldati, dall’altro angoscia: angoscia per il distacco della zona B, angoscia per il nuovo passo avanti realizzato dalla Jugoslavia di Tito verso la periferia della città”. Un’ angoscia che niente poteva sanare.

Castellieri. Radici di pietra

INAUGURAZIONE venerdì 11 aprile alle ore 17.30 presso l'IRCI/Civico Museo della Civiltà istriana, fiumana, dalmata di via Torino, 8 a Trieste.

La mostra “Castellieri: radici di pietra” celebra l’arte e il tempo della protostoria, intrecciandoli in una narrazione unica che offre un'opportunità preziosa per esplorare le antiche civiltà che hanno abitato il Caput Adriae.

Non si tratta di una mostra archeologica tradizionale, ma di un'occasione di riflessione: un viaggio nel tempo, un invito a riscoprire e valorizzare le radici culturali del nostro territorio. Si tratta di un'esposizione duale che si sviluppa attraverso le immagini: da un lato, l'arte narra la storia e l'archeologia con intenti didattici; dall'altro, il passato prende forma nelle mani di artisti che vivono o hanno incontrato questo territorio lungo il loro cammino creativo.

La prima parte della mostra è dedicata al disegno archeologico ricostruttivo e alla fotografia del paesaggio archeologico, offrendo una narrazione basata sulle ricostruzioni storiche e sugli studi degli archeologi sui siti antichi e la vita degli abitanti di quei luoghi. La narrazione si sviluppa su aree tematiche. Si inizia con l'osservazione della geografia dei castellieri e la loro ubicazione, con foto di insediamenti situati in Istria, isole del Golfo del Quarnaro, Carso triestino e sloveno e Friuli centrale. Una sezione è dedicata alle modalità di costruzione e pianificazione delle strutture murarie, con fotografie, disegni, video e un diorama ricostruttivo del castelliere di Rupinpiccolo. Successivamente si esplora un'area limitata, che rappresenta idealmente una capanna, per approfondire la vita all'interno del castelliere, la costruzione delle abitazioni e le attività produttive. Dopo un breve accenno agli archeologi che nel corso dell'ultimo secolo hanno lavorato per ricostruire la storia di questi luoghi, il percorso didattico si conclude con una sezione riguardante le necropoli coeve.

La seconda parte dell'esposizione, sviluppata in un’altra sala, esplora le modalità con cui l'arte contemporanea ha affrontato il tema dei castellieri in un percorso del tutto soggettivo. Ogni opera diventa uno strumento di scoperta e riflessione per gli artisti che, attraverso una varietà di tecniche e materiali che spaziano dal carboncino alla pittura ad olio, dal tessuto alla pietra, sanno cogliere e reinterpretare le tracce lasciate dalle civiltà passate. Le opere non si limitano a raccontare visioni personali della storia e dell'archeologia, ma le vivono, le rappresentano ed evocano nuove prospettive, invitando il pubblico a riflettere su tematiche universali. Sono ospiti artisti, fotografi, videomaker e autori locali o che hanno vissuto in questo territorio per un periodo della loro vita.

 

INAUGURATION on Friday 11 April at 5.30 pm at the IRCI/Civic Museum of Istrian, Rijeka, Dalmatian Civilization in via Torino, 8 in Trieste.

The exhibition “Hillforts: Stone Roots” celebrates art and the time of prehistory, weaving them in a unique narrative that offers a valuable opportunity to explore the ancient civilizations that once inhabited the Caput Adriae. This is not an ordinary archaeological exhibition, but an opportunity for reflection: a journey through time and an invitation to rediscover and enhance the cultural roots of our territory. The exhibition is dual in nature, unfolding through images: on one side, art narrates the story and archaeology with educational intent; on the other, the past takes shape in the hands of artists who either live in or have encountered this land during their creative journey. The first part of the exhibition is dedicated to reconstructive archaeological drawing and photography of the archaeological landscape, offering a narrative based on historical reconstructions and archaeologists’ studies of ancient sites and the lives of the inhabitants of those places. The exhibition itinerary is developed in thematic areas. It begins with an observation of the geography of the hillforts and their location, with photographs of settlements in Istria, the islands of the Gulf of Kvarner, the Trieste and Slovenian Karst and central Friuli. A section is devoted to the construction and planning of wall structures, with photographs, drawings, videos and a reconstructive diorama of the Rupinpiccolo hillfort. Next, a limited area, ideally representing a hut, could be explored in order to examine life inside the hillfort, the construction of dwellings and production activities. After a brief mention of the archaeologists who have worked over the last century to reconstruct the history of these sites, the educational tour concludes with a section on the coeval necropolises.

The second part of the exhibition, developed in another room, explores the ways in which contemporary art has addressed the theme of hillforts in an entirely subjective journey. Each work becomes a tool for discovery and reflection for artists who, through a variety of techniques and materials ranging from charcoal to oil painting, from fabric to stone, are able to capture and reinterpret the traces left by past civilizations. The works do not merely recount personal visions of history and archaeology, but live them, represent them and evoke new perspectives, inviting the public to reflect on universal themes. The exhibition features artists, photographers, video makers, and authors, both local and those who have lived in this territory for a period of their lives.