Castellieri. Radici di pietra

INAUGURAZIONE venerdì 11 aprile alle ore 17.30 presso l'IRCI/Civico Museo della Civiltà istriana, fiumana, dalmata di via Torino, 8 a Trieste.

La mostra “Castellieri: radici di pietra” celebra l’arte e il tempo della protostoria, intrecciandoli in una narrazione unica che offre un'opportunità preziosa per esplorare le antiche civiltà che hanno abitato il Caput Adriae.

Non si tratta di una mostra archeologica tradizionale, ma di un'occasione di riflessione: un viaggio nel tempo, un invito a riscoprire e valorizzare le radici culturali del nostro territorio. Si tratta di un'esposizione duale che si sviluppa attraverso le immagini: da un lato, l'arte narra la storia e l'archeologia con intenti didattici; dall'altro, il passato prende forma nelle mani di artisti che vivono o hanno incontrato questo territorio lungo il loro cammino creativo.

La prima parte della mostra è dedicata al disegno archeologico ricostruttivo e alla fotografia del paesaggio archeologico, offrendo una narrazione basata sulle ricostruzioni storiche e sugli studi degli archeologi sui siti antichi e la vita degli abitanti di quei luoghi. La narrazione si sviluppa su aree tematiche. Si inizia con l'osservazione della geografia dei castellieri e la loro ubicazione, con foto di insediamenti situati in Istria, isole del Golfo del Quarnaro, Carso triestino e sloveno e Friuli centrale. Una sezione è dedicata alle modalità di costruzione e pianificazione delle strutture murarie, con fotografie, disegni, video e un diorama ricostruttivo del castelliere di Rupinpiccolo. Successivamente si esplora un'area limitata, che rappresenta idealmente una capanna, per approfondire la vita all'interno del castelliere, la costruzione delle abitazioni e le attività produttive. Dopo un breve accenno agli archeologi che nel corso dell'ultimo secolo hanno lavorato per ricostruire la storia di questi luoghi, il percorso didattico si conclude con una sezione riguardante le necropoli coeve.

La seconda parte dell'esposizione, sviluppata in un’altra sala, esplora le modalità con cui l'arte contemporanea ha affrontato il tema dei castellieri in un percorso del tutto soggettivo. Ogni opera diventa uno strumento di scoperta e riflessione per gli artisti che, attraverso una varietà di tecniche e materiali che spaziano dal carboncino alla pittura ad olio, dal tessuto alla pietra, sanno cogliere e reinterpretare le tracce lasciate dalle civiltà passate. Le opere non si limitano a raccontare visioni personali della storia e dell'archeologia, ma le vivono, le rappresentano ed evocano nuove prospettive, invitando il pubblico a riflettere su tematiche universali. Sono ospiti artisti, fotografi, videomaker e autori locali o che hanno vissuto in questo territorio per un periodo della loro vita.

 

INAUGURATION on Friday 11 April at 5.30 pm at the IRCI/Civic Museum of Istrian, Rijeka, Dalmatian Civilization in via Torino, 8 in Trieste.

The exhibition “Hillforts: Stone Roots” celebrates art and the time of prehistory, weaving them in a unique narrative that offers a valuable opportunity to explore the ancient civilizations that once inhabited the Caput Adriae. This is not an ordinary archaeological exhibition, but an opportunity for reflection: a journey through time and an invitation to rediscover and enhance the cultural roots of our territory. The exhibition is dual in nature, unfolding through images: on one side, art narrates the story and archaeology with educational intent; on the other, the past takes shape in the hands of artists who either live in or have encountered this land during their creative journey. The first part of the exhibition is dedicated to reconstructive archaeological drawing and photography of the archaeological landscape, offering a narrative based on historical reconstructions and archaeologists’ studies of ancient sites and the lives of the inhabitants of those places. The exhibition itinerary is developed in thematic areas. It begins with an observation of the geography of the hillforts and their location, with photographs of settlements in Istria, the islands of the Gulf of Kvarner, the Trieste and Slovenian Karst and central Friuli. A section is devoted to the construction and planning of wall structures, with photographs, drawings, videos and a reconstructive diorama of the Rupinpiccolo hillfort. Next, a limited area, ideally representing a hut, could be explored in order to examine life inside the hillfort, the construction of dwellings and production activities. After a brief mention of the archaeologists who have worked over the last century to reconstruct the history of these sites, the educational tour concludes with a section on the coeval necropolises.

The second part of the exhibition, developed in another room, explores the ways in which contemporary art has addressed the theme of hillforts in an entirely subjective journey. Each work becomes a tool for discovery and reflection for artists who, through a variety of techniques and materials ranging from charcoal to oil painting, from fabric to stone, are able to capture and reinterpret the traces left by past civilizations. The works do not merely recount personal visions of history and archaeology, but live them, represent them and evoke new perspectives, inviting the public to reflect on universal themes. The exhibition features artists, photographers, video makers, and authors, both local and those who have lived in this territory for a period of their lives.

 

1954. Trieste è italiana. La zona B è perduta

Inaugurata venerdì 25 ottobre 2024 alle ore 17.30 presso l'IRCI/Civico Museo della civiltà istriana, fiumana, dalmata di via Torino, 8.

1954, 26 di ottobre, ci siamo arrivati. Ma come?

È la lenta agonia della Venezia Giulia, malato terminale che si aggrappa alla vita e nutre sempre speranze. Troppo spesso disilluse. In quel fatidico giorno, il 26 ottobre 1954, la folla immensa dei giuliani (triestini, sì, ma quanti esuli istriani fra loro!), dopo una notte in strada sferzati tutti dalla bora e dalla pioggia che dire battente è aggettivo assai dolce, accoglie l’arrivo delle nostre truppe nella città sacra d’Italia, Trieste, finalmente ricongiunta alla madre patria.

Dopo l’8 settembre 1943 il terrore si era diffuso nella Venezia Giulia, la tragedia aveva preso il sopravvento in Istria quando nel caos dell’ordine costituito italiano erano entrati i partigiani del maresciallo Tito con violenze e stragi. L’Istria allora conobbe le foibe. Occupata, subito dopo, dai tedeschi, divenne terra di scontro e di altra morte fino al 1945. E la fine della guerra, non certo il 25 aprile come nel resto d’Italia, non giunse. Anche Trieste e Gorizia, non solo l’Istria, seppero cosa significava occupazione jugoslava: quarantadue giorni di deportazioni e morte. Solo il 12 giugno si sarebbe potuto respirare una presunta aria di libertà, quando gli Alleati fecero sloggiare i titini. Presunta, perché per Trieste sarebbero iniziati nove lunghi anni di governo militare straniero, inglese e americano e per l’Istria, nel frattempo, il tempo infinito di un dopoguerra che non voleva dire pace. Ancora morti, ancora deportazioni, ancora scomparsi, ancora una folla di cui “non si sarebbe avuto più alcuna notizia”.

Il 10 febbraio 1947 il trattato di pace, estremamente impositivo per l’Italia sconfitta, volle dire che anche Pola era perduta. C’era già stata la strage di Vergarolla a sconvolgere gli animi di chi sarebbe voluto restare, perché Pola era italiana, tutta italiana. Se ne andarono in massa, una massa di 30 mila, lasciando solo lo scheletro di una città, la più grande dell’Istria, deserta, nel silenzio del nulla. Era l’esodo simbolo, non sicuramente l’inizio dell’andarsene, ma che quello che più avrebbe colpito, per la massa … dei numeri.

Tutto era perduto. Si creava uno pseudo Territorio Libero di Trieste diviso in due zone: il capoluogo giuliano, con un minimo lembo della provincia che era stata, diventava “zona A”, sotto amministrazione militare anglo-americana, mentre Isola, Capodistria, Pirano e poco altro (ma quanto importante! E quanto italiano!) erano la “zona B”, con un’amministrazione fiduciaria jugoslava. Quando venne il momento delle decisioni, quelle che avrebbero portato Trieste all’Italia e, di fatto, la zona B alla Jugoslavia, si scrisse sui muri “NO ALL’INFAME BARATTO”. Ma eravamo ormai alla fine del 1954 e la guerra era finita (sarebbe dovuta finire) da più di nove anni. Il mondo era cambiato, Tito aveva fatto le sue astute capriole fra rottura con l’Unione Sovietica e ammiccamento, per comodo, all’America. Gli era andata bene. Molto meno alle genti giuliane, sradicate, cancellate socialmente e psicologicamente, sventagliate in cento venti località in tutta Italia, ben “ospitate” in altrettanti campi profughi.

Trieste, a suo modo, continuava a combattere, con il culmine dei morti del novembre 1953. Ancora non bastava.

Il sole d’Italia sarebbe giunto solo il 26 ottobre del 1954, in una giornata in cui la pioggia era un diluvio. Ma era il giorno del giudizio. Un terribile giudizio che portava, contestualmente, altri lembi di terra di quella strana e fantomatica zona A lontano dall’Italia. Il confine si spostava ancora, sempre a nostro sfavore. Dai monti sopra Muggia scendevano verso la città, con i fazzoletti tricolore al collo, i profughi di Faiti, di Bosici, di Santa Brigida, di Crevatini. Qualcuno di questi si era stanziato in zona da poco, esule dall’Istria. Un altro esodo, due volte esuli. Era la notte fra il 25 e il 26 ottobre, Trieste stava per ritornare italiana, ma la zona B era perduta. Scrisse allora Pier Antonio Quarantotti Gambini: “Da un lato commozione: commozione per l’arrivo imminente dei nostri soldati, dall’altro angoscia: angoscia per il distacco della zona B, angoscia per il nuovo passo avanti realizzato dalla Jugoslavia di Tito verso la periferia della città”. Un’ angoscia che niente poteva sanare.

ILLUSTRATORI nella Venezia Giulia

MOSTRA "ILLUSTRATORI NELLA VENEZIA GIULIA" 

Inaugurata venerdì 10 maggio alle ore 17.30 presso l'IRCI/Museo Istriano di via Torino, 8

La mostra rimarrà aperta fino a domenica 13 ottobre tutti i giorni 10.30-12.30/16.30-19.00

ILLUSTRATORI … ah, chi erano costoro? Poi “nella Venezia Giulia”. Quindi solo qua, da noi, in una regione che non esiste più (se non in minima parte e accorpata al Friuli) dopo che si è persa tutta l’Istria alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Pure l’illustrazione, in senso lato, sia essa nata per corredare un libro, per rendere briosa una copertina, per essere pubblicità, per dare significato estetico ad una ricorrenza, per diventare fumetto, per decorare diplomi o illuminare ex-libris,  per far bella la confezione di un prodotto o per affascinare un menù con un’immagine prima di gustarne le offerte culinarie o, ancora, per qualunque cosa serva linea e colore affinché questa sia più accattivante, insomma l’illustrazione in questa nostra terra è stata regina perché Trieste in testa, ma tutta la Venezia Giulia, ha dato i natali ad un numero enorme di illustratori. Molti assai bravi, alcuni bravissimi e, addirittura, maestri.

Con Leopoldo Metlicovitz e Marcello Dudovich, triestini, siamo in caput mundi, si tratta di veri maestri che hanno segnato la strada nazionale e internazionale della nascita del manifesto “moderno”, quello che , appena uscito dalle prove ottocentesche, trova la sua dimensione come “nuova arte” e apre un Novecento che dal liberty viaggerà verso il decó, visiterà le avanguardie e troverà lezione nel futurismo, nel costruttivismo, fino a giungere all’astratto e, in qualche modo chiudersi, nella pop art.

Questa mostra viaggia nelle esperienze, sviluppate grossomodo nella prima metà del secolo passato,  di una sessantina di artisti, nati o operativi nella Venezia Giulia. Alcuni sono notissimi, come i maestri citati, altri meno conosciuti eppure, per certi versi e per talune opere, degni di essere inseriti nel palcoscenico dei grandi.

È il caso di Giuseppe Sigon, amico e sodale di Metlicovitz, che, da pittore interno della Modiano di Trieste, ma uscito dalle scuderie della milanese Tensi (e, forse, anche in collaborazione con la Ricordi), può definirsi, a ragione, l’iniziatore del cartellonismo giuliano. Ma bisognerebbe, quasi in parallelo, citare altri nomi come quello di Antonio Bauzon e non scordare Pier Antonio Sencig o le figure di  Gino de Finetti, nato a Pisino d’istria,  e Guido Marussig, se non, addirittura, andare a quelle dei marinisti Flumiani e Grimani, o ancora a Giovanni  Zangrando e, per estensione, non scordarsi di altri pittori puri che, sia pur qualche volta con ritegno, seppero dar esempio di arte applicata di alto livello con la creazione di manifesti eccezionali. È il caso di Glauco Cambon e, subito dopo, di Argio Orell, Vito Timmel, fino a Ugo Carà, scultore, ma con esperienze grafiche applicate alla corte di Gio Ponti. Un mare infinito.

Come scordare Gustavo Petronio, che seppe illustrare, dai primi del Novecento a tutti gli ’30 (e oltre), ricorrenze patriottiche, pubblicità, creare fumetti e, soprattutto, “inventare” il cartone animato italiano fino a depositare il brevetto dell’Autarcolor? E, di seguito, Orfeo (Orfeo Toppi), fratello di Giove, il disegnatore di Nerbini, che fra vignette, grafiche pubblicitarie, caricature, era onnipresente nel capoluogo giuliano fra gli anni ’20 e ’50. O Sante Bidoli o Nino Ferenzi o ancora Marcello Claris, uomo dalla grafica essenziale, nato a Pola, come Gigi Vidris, il vignettista de El spin e, in seguito, di Candido, o il dalmata aeropittore Tullio Crali o Urbano Corva, fiumano, futurista nell’applicato con modi non lontani da Depero, o Saxida o Dabovich, dalla grafica di una squisita eleganza. E  Coelli, di Pirano d’Istria, Torelli, i triestini Flori Finazzer, Quaiatti, Ranzatto, Giordani, Valenti, Britz, i fratelli Gregori  (istriani), Zanverdiani … Un mare infinito.

 

OPENING OF THE EXHIBITION "ILLUSTRATORS IN VENEZIA GIULIA"

Friday, May 10 at 17.30 at the IRCI/ Museo Istriano in via Torino, 8

The exhibition will be open until 30 June every day 10-12.30/16.30-18.30

Illustrators... ah, who were they? And “in Venezia Giulia.” So only here, with us, in a region that no longer exists (except in a minimal part and merged with Friuli) after losing all of Istria at the end of the Second World War.

Even illustration, in a broad sense, whether it was born to accompany a book, to enliven a cover, to be an advertisement, to give aesthetic meaning to an event, to become a comic, to decorate diplomas or illuminate ex-libris, to beautify a product’s packaging, or to fascinate a menu with an image before tasting its culinary offerings, or, again, for whatever purpose line and color are needed to make something more captivating, in short, illustration in our land has been queen because Trieste at the forefront, but all of Venezia Giulia, has given birth to a huge number of illustrators. Many very skilled, some extremely talented, and even masters.

With Leopoldo Metlicovitz and Marcello Dudovich, from Trieste, we are in the caput mundi, they are true masters who have marked the national and international path of the birth of the “modern” poster, the one that, just out of nineteenth-century experiments, finds its dimension as “new art” and paves the way to a twentieth century where styles move from from liberty to deco, visiting also avant-gardes and finding inspiration in futurism and constructivism, before culminating in abstract and eventually pop art. This exhibition takes us through the experiences, developed roughly in the first half of the last century, of about sixty artists, born or active in Venezia Giulia. Some are well-known, like the mentioned masters, others less known and yet, in some ways and for certain works, worthy of being included among the great artists.

Consider Giuseppe Sigon, a contemporary and collaborator of Metlicovitz, whose work as an interior painter at Modiano in Trieste, and later with Milan’s Tensi (perhaps even with Ricordi), earned him the title of the initiator of poster art in Venezia Giulia.

Alongside Sigon, we encounter other notable names such as Antonio Bauzon, Pier Antonio Sencig, Gino de Finetti, born in Pisino d’Istria, and Guido Marussig, each contributing in their unique way to the rich tapestry of artistic expression. And let’s not forget the marinists Flumiani and Grimani, or even Giovanni Zangrando as well as other pure painters who, even if sometimes with restraint, knew how to set an example of high-level applied art with the creation of exceptional posters. This is the case of Glauco Cambon and, immediately after, of Argio Orell, Vito Timmel, up to Ugo Carà, a sculptor, but with graphic experiences applied to Gio Ponti’s court. An endless sea. Let’s also remember Gustavo Petronio, whose extensive career stretched from the early 1900s well into the 1930s, and beyond. He delved into patriotic themes, advertising, comics, and notably broke new ground in Italian animation with his invention, Autarcolor. Following closely in his footsteps was Orfeo Toppi, brother of Giove, the illustrator of Nerbini, who between cartoons, advertising graphics, caricatures, was omnipresent in the capital of Venezia Giulia between the ‘20s and ‘50s. Or Sante Bidoli or Nino Ferenzi or even Marcello Claris, a man of essential graphics, born in Pola, like Gigi Vidris, the cartoonist of El spin and, later, of Candido, or the Dalmatian aeropainter Tullio Crali or Urbano Corva, from Fiume, futurist in applied art not far from Depero, or Saxida or Dabovich, with graphics of exquisite elegance. And Coelli, from Pirano d’Istria, Torelli, the Triestine Flori Finazzer, Quaiatti, Ranzatto, Giordani, Valenti, Britz, the Gregori brothers (from Istria), Zanverdiani... An endless sea.

FRA FLORA E FAUNA. Uno sguardo nel tempo alla natura nella Venezia Giulia

Inaugurata venerdì 13 settembre alle ore 17.30 presso l'IRCI/Museo Istriano di via Torino, 8

La mostra rimarrà aperta fino a domenica 13 ottobre tutti i giorni 10.30-12.30/16.30-19.00

L’Istria è una penisola con una meravigliosa biodiversità

La sua posizione geografica è “strategica”. La penisola è infatti situata lungo le coste del mare Mediterraneo, ma pressoché nel punto più a nord di questo dove vi è la congiunzione e l’avvicinamento al mare della catena montuosa delle Dinaridi, con la catena montuosa delle Alpi. In più, la piccola penisola istriana e situata nel punto di contatto tra due ben più grandi penisole, la penisola balcanica e quella italiana.

Cosa comporta tutto ciò per la biodiversità? L’Istria costiera e meridionale è abitata da fauna e flora mediterranee, mentre nell’Istria settentrionale e montana, possiamo trovare fauna e flora di tipo centroeuropeo e addirittura alpino.

Durante i freddi periodi delle glaciazioni, la penisola italiana e quella balcanica sono state due distinti “rifugi glaciali” ovvero due differenti zone in cui fauna e flora hanno trovato rifugio dagli aridi e inospitali ghiacci. Col mare in mezzo e con il ghiaccio sopra, per migliaia di anni molti animali e molte piante delle due penisole (quella italica e quella balcanica) non sono potuti venire a contatto; così, si sono lentamente evolute due flore e due faune diverse e distinte che solo dopo migliaia di anni di separazione sono venute in contatto proprio nella penisola istriana, che oggi ospita sia specie italiche che specie balcaniche.

Anche la geologia gioca un ruolo chiave ricca la biodiversità dell’Istria che è costituita prevalentemente da calcari e da terreni derivati dalla loro trasformazione (le cosiddette “Istria Bianca” e “Istria Rossa”), ma nel centro della penisola vi è una zona di marne e arenarie, con terreni argillosi e sabbiosi (“Istria Gialla” e “Istria Grigia”). Sono rocce e terreni che formano paesaggi molto diversi per forma, idratazione e composizione chimica. La zona calcarea è molto carsificata e ricca di grotte, dove vive il rarissimo Proteo, una salamandra adattatasi da decine di millenni alla vita sotterranea. Vicino, le marne e le arenarie argillose non permettono la carsificazione e numerosi sorgenti danno vita a torrenti, rii e fiumi con valli alluvionali, boschi paludosi, dove vive isolato un altro animale raro e protetto: l’elusiva Rana di Lataste.

Altro pregio dell’Istria è dovuto alla morfologia. In questa piccola penisola mediterranea si susseguono zone costiere frastagliate oppure lineari, pianure, colline, valli e altipiani; fino a veri e propri rilievi montuosi, come il Monte Maggiore che domina la penisola dai suoi 1.400 metri e ospita una biodiversità tipicamente montana, con stupente faggete e cime con addirittura il Pino Mugo e le Stelle Alpine; il tutto però affacciato direttamente sul mare.

Più all’interno, zone pianeggianti paludose sono fitte di canneti dove cantano e nidificano i Canareccioni, mentre poco più in là si possono trovare aride ed aspre pareti di roccia dove occhieggia fiero il raro Algiroide Magnifico, una lucertola esclusiva delle rupi balcaniche.

Millenni, poi, di presenza umana hanno modificato, anche radicalmente, gli ambienti, agevolando la presenza di alcune specie a scapito di altre. Così, nei pascoli e nei coltivi sorti al posto di fitti boschi naturali, troviamo oggi le cinguettanti Allodole, che ora volano pure sopra le zone artificialmente prosciugate che hanno sostituito quello che fu il grande lago di Ceppi (a nord di Albona) dove prosperavano le Lontre (Lutra lutra) e le Oche Selvatiche (Anser anser). Le stesse Oche Selvatiche che oggi sono però ritornate dove l’uomo ha capito che certe zone non solo vanno lasciate alla natura, ma possono pure essere ripristinate e rinaturalizzate.

Oggi, proteggere la natura, soprattutto una natura unica, complessa e meravigliosa come quella dell’Istria, significa proteggere noi stessi, proteggerci dai nostri stessi egoismi più miopi, garantendoci un futuro di benessere.

 

Istria is a peninsula with wonderful biodiversity

Its geographical position is "strategic". The peninsula is located along the coast of the Mediterranean Sea, but almost at the point where the Dinarids meet and approach the sea, with the mountain range of the Alps. In addition, the small Istrian peninsula is situated at the point of contact between two much larger peninsulas, the Balkan and Italian peninsulas.

What does this mean for biodiversity? Coastal and southern Istria is inhabited by Mediterranean fauna and flora, while in northern and mountainous Istria we can find fauna and flora of the Central European and even Alpine type.

During the cold periods of glaciations, the Italian and Balkan Peninsula were two distinct "glacial refuges" or two different areas where fauna and flora found refuge from the arid and inhospitable ice. With the sea in the middle and the ice above, for thousands of years many animals and plants of the two peninsulas (the Italic and the Balkan) could not come into contact; Thus, two different and distinct flora and fauna have slowly evolved that only after thousands of years of separation came into contact precisely in the Istrian peninsula, which today hosts both Italian species and Balkan species.

The geology also plays a key role rich biodiversity of Istria which is mainly composed of limestone and soils derived from their transformation (so-called "White Istria" and "Red Istria"), but in the center of the peninsula there is an area of marls and sandstones, with clay and sandy soils ("Yellow Istria" and "Grey Istria"). Rocks and soils that form very different landscapes in shape, hydration and chemical composition. The limestone area is very karsified and rich in caves, where lives the rare Proteus, a salamander adapted for decades to underground life.

Nearby, the marls and clay sandstones do not allow carsification and numerous sources give life to streams, rivers and rivers with alluvial valleys, swampy forests, where another rare and protected animal lives isolated: the elusive Lataste frog.

Another advantage of Istria is its morphology. In this small Mediterranean peninsula there are jagged or linear coastal zones, plains, hills, valleys and plateaus; up to real mountain reliefs, like Monte Maggiore that dominates the peninsula from its 1,400 meters and hosts a biodiversity typically mountain, with amazing beech trees and peaks with even the Pino Mugo and the Alpine stars; all but overlooking the sea.

Further inland, swampy plains are dense with reeds where the Canary birds sing and nest, while a little further you can find arid and rugged rock walls where the rare Algiroide Magnifico, a lizard exclusive to the Balkan cliffs, proudly looks on.

Millennia of human presence have changed, even radically, the environments, facilitating the presence of some species to the detriment of others. Thus, in the pastures and crops that arose in place of dense natural forests, we find today the chirping Alodes, which now also fly over the artificially dried areas that have replaced what was the great lake of Ceppi (north of Albona) where the otters thrived  (Lutra lutra) and the Wild Geese (Anser anser). The same Wild Geese that today have returned, however, where man has understood that certain areas should not only be left to nature, but can also be restored and renaturalized.

Today, protecting nature, especially a unique, complex and wonderful nature like that of Istria, means protecting ourselves, protecting us from our own short-sighted egoisms, guaranteeing us a future of well-being.